Lo sappiamo sono tempi bui e non potremo festeggiare il carnevale, tirando coriandoli e stelle filanti. Ma conoscete come sono nati i coriandoli? Essi devono il loro nome alla pianta del coriandolo. Nel Rinascimento durante le sfilate delle carrozze la gente gettava, sulla folla mascherata, granoturco, arance, fiori, gusci d’uovo ripieni di essenze profumate, monete. Ma a partire dal XVI secolo, si iniziarono a produrre dei piccoli confetti profumati con i frutti della pianta del coriandolo rivestiti di zucchero. La gente li lanciava dall’alto dei carri mascherati o da balconi e finestre. Non a caso ancora oggi il nome “confetti” rimane in voga in tutto il resto del mondo per indicare i più comuni coriandoli.
In un secondo tempo quest’usanza, ancora piuttosto costosa, cadde presto in disuso, per essere sostituita dal lancio di piccole palline, fatte di carta colorata o di solo gesso.
Nel 1875, a Milano, durante il carnevale la popolazione incominciò a tirare qualcosa di diverso e soprattutto di più innocuo: minuscoli dischetti di carta bianca che si sollevavano in aria, come se una nevicata ricoprisse i carri che sfilavano. Secondo la leggenda fu l’ingegnere Enrico Mangili di Crescenzago, a inventare l’uso di dischetti di scarto dei fogli bucherellati che si usavano come lettiere per i bachi da seta. Egli infatti possedeva una filanda a Crescenzago.
Questi dischetti ebbero subito un enorme successo in quanto poco costosi e molto facili da realizzare. Da allora in poi i coriandoli divennero sempre più popolari e, soprattutto all’estero vengono utilizzati anche in altre occasioni festive e avvenimenti importanti, Nei paesi anglo-sassoni non c’è parata o festa senza una nevicata di coriandoli.
Anche se quest’anno come abbiamo detto, non potremo festeggiare il carnevale, ricordiamoci che ci sono mille cose che possiamo fare durante il lockdown e non perdiamoci d’animo.
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